Neuroplasticità e attività di coaching individuale, di team e di gruppo.
Nel marzo del 2015 mi trovavo vicino a Abano Terme per un intensivo di coaching. Nel pomeriggio del secondo giorno, uno dei presenti propose di trascorrere la serata assistendo a un concerto Jazz dove gli artisti erano suoi carissimi amici.
L’entusiasmo di molti vinse e, la sera, ci trovammo a un concerto molto bello e fonte, per me, delle riflessioni che seguono.
Insieme alla musica, avvolgente per il ritmo e la melodia, sul palco un pittore disegnava quadri che venivano proiettati in tempo reale su un grande schermo. Noi del pubblico eravamo avvolti dalla musica e affascinati dal veder nascere le immagini che si susseguivano.
A ogni tempo musicale corrispondeva un’immagine conclusa, alcune figurative, altre astratte.
Che incanto!!
Vedere insieme musica e immagini che creavano l’un e l’altra fu un trionfo dei sensi!!
Un pensiero mi attraversò la mente: “Alberto, perché non metti insieme le discipline del coaching e della biologia?” e da quel momento, l’idea divenne un mantra….
Da questa idea nata durante un’esperienza spettacolare, mi chiesi se unendo gli studi umanistici del coaching e la scientificità della biologia si potesse rendere più facile, veloce e accessibile il cambiamento per il singolo, il gruppo e l’azienda. Verificane l’efficacia, il mio mantra divenne una serie di azioni che hanno reso reale ABC.
Oggi proponiamo percorsi di coaching innovativi che nascono dall’integrazione di quanto indicato dai padri del coaching – Timothy Gallwey, Robert Dilts, John Whitmore e David Clutterbuck – e da tre fra i più importanti padri delle scienze biologiche – Eric Kandel, Robert Ader e David Sweatt.
Kandel ha scoperto la neuroplasticità, cioè la capacità del cervello di formare nuove punti di unione, detti sinapsi o connessioni neurali, per collegare le sue cellule fondamentali, i neuroni.
E’ proprio la nascita di queste nuove connessioni nel cervello del coachee, che gli consente di avere il momento di intensa intuizione, chiamata anche insight o a-ha moment, punto di snodo nevralgico di ogni cambiamento personale.
E’ esperienza comune che, purtroppo, questa “illuminazione parziale” sia tanto determinante che fugace e stabilizzarne i collegamenti equivarrebbe a renderla duratura e subito spendibile per ottimizzare il cambiamento desiderato.
Per fare ciò ci aiutano gli studi di epigenetica, secondo i quali uno stimolo esterno al neurone induce la formazione di nuove proteine che a loro volta determinano la stabilizzazione di nuove sinapsi.
E’ proprio grazie alle teorie epigenetiche che comprendiamo come, ad intuizione avuta, il nostro coachee la stabilizza ogni qualvolta dialoga, si allena con il suo coach, capace di creare l’ambiente più adatto alle performance neurali del suo cliente, nella direzione dei cambiamenti desiderati.
Perché quindi continuare a pensare che la nostra mente sia un’entità separata dal corpo a cui è collegata?
La nostra proposta di integrazione e unificazione delle teorie di Kandel, Ader e Sweatt con quelle di Gallwey, Dilts, Whitmore e Clutterbuck supera la classica opposizione e dicotomia fra le scienze neuro-biologiche e tutto ciò che non è scientificamente dimostrabile, come ad esempio il coaching.
Ciò permette di coinvolgere e includere mente e corpo nel dialogo che porta al cambiamento stabile, duraturo, sostenibile nel tempo e ecologico per tutto il sistema (fisico-emotivo-mentale-spirituale) del coachee.
Nei percorsi di Active BioCoaching vengono riconosciute le costanti interconnessioni e multiconnessioni di mente e corpo facendone punto-leva per facilitare e velocizzare il cambiamento.
Il nostro innovativo ed efficace expertise è a disposizione per te, i tuoi gruppi e team e la tua organizzazione.
Contattaci per una sessione gratuita esplorativa, per aiutarti a chiarire i tuoi obiettivi o per qualsiasi altra curiosità volessi soddisfare.